domenica 19 dicembre 2021

Cercando l'impossibile spesso non si fa il possibile

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"Arlecchino pensoso" è di Pablo Picasso
Ho deciso di pubblicare la risposta appena data ad una mia lettrice perché la stessa domanda mi era stata fatta in passato da altre persone. In sintesi, mi scrive: “Sono troppo disponibile con tutti quelli che mi circondano, questo è stancante e comunque gli altri non mi sono ‘riconoscenti’. Credo che l'eccessiva disponibilità dipenda dal fatto che non mi piaccio fisicamente. Che fare?”
Talvolta le persone che non si piacciono fisicamente in realtà non si accettano per quello che sono. Se una persona non si ama e dubita che gli altri possano amarla ed accettarla così com’è, può darsi che scatti in lei il bisogno di fare possibile (ed impossibile) per ‘meritare’ l’amore altrui.
E’ un circolo vizioso: la disponibilità eccessiva è molto stancante per chi la pratica ed anche poco gratificante perché quasi mai comporta l’altrui gratitudine. Da cui la frustrazione, l’autostima che  si riduce ancora, le recriminazioni verso chi non riconosce gli sforzi compiuti per essere stati così disponibili.
Che fare? Beh, gli altri non sono tenuti a sapere quanto ti costa quello che fai. Nella maggior parte dei casi credono (o vogliono credere) che la tua disponibilità ti venga naturale e ti sia facile.
La riconoscenza è un sentimento raro, ottimo se arriva ma lavorare con il fine di ottenerla porta quasi sempre a delusione. Del resto tu segui il TUO bisogno di essere disponibile alle richieste altrui, nessuno ti obbliga al di fuori di questo tuo bisogno (che poi, in genere, è di farsi voler bene).
Se la soluzione tentata finora per farti amare (quella della super-disponibilità) non funziona, o ha costi eccessivi, potresti decidere di cambiare. Provare a fare quello che “puoi e riesci” e niente di più, invece di chiedere a te stessa più di quanto puoi e vuoi davvero fare. Le persone che ci amano per quello che facciamo per loro, e non per quello che siamo, in realtà non ci amano.
E, magari, il tempo che ti rimarrà libero per questo scarico di impegni potresti dedicarlo ad avere più cura di te, in tutti i sensi e anche nell’aspetto.
Cerca di capire se ti può servire migliorare il modo di comunicare, fatti consigliare e inventati un tuo personale tipo di bellezza (se incontriamo una persona non bella in senso classico ma curata la definiamo un “tipo”!). La trascuratezza dà l’idea del “brutto”, solo che chi si sente tale spesso evita l’impegno a migliorarsi, per paura di non riuscirci e di altra frustrazione.
Cercando l’impossibile spesso non si fa il possibile…
Se provi a procedere su questo “doppio binario” di cambiamento, fammi sapere

lunedì 15 novembre 2021

Un disagio "recente"



Noto che nessuno accenna, tra gli “specialisti” che trattano dei rapporti genitori-figli, a quella situazione che può essere definita di “rivalità estetica”. E’ un fenomeno molto recente, non ne sono esenti i giovani maschi con i loro padri ma compare più frequentemente tra madri e figlie.
Fino a pochi decenni fa le donne, dopo i 40 anni, non erano oggetto di grandi attenzioni dal punto di vista dell’aspetto esteriore. Le madri del passato, spesso “fuori forma” per le gravidanze, con le rughe dell’età, meno curate di oggi nell’abbigliamento, era sulle figlie che “investivano”. E le eventuali forme di rivalità erano in altri ambiti, strascichi e conseguenze del fenomeno di cui ben si occupò Freud e poi la psicanalisi.
A partire dagli anni ’60 del secolo scorso, per tutta una serie di cambiamenti economici, sociali e culturali, la cura dell’aspetto è diventata importante anche per le persone non più giovani  e capita adesso di incontrare mamme davvero belle ed avvenenti. Donne che hanno imparato a valorizzare le proprie caratteristiche, che si curano, investono in palestre, estetiste, etc.
Lascio ai sociologi le considerazioni in merito, osservo solo che mi capita sempre più spesso di incontrare ragazzine, e talvolta giovani donne, in difficoltà perché alle insicurezze sulla propria identità e sull’accettazione altrui, anche dal punto di vista estetico, hanno aggiunto, negli anni,  la competizione con una mamma bella quanto e magari più di loro. O magari percepita come tale.
Tornerò sull’argomento per raccontare su un paio dei casi che mi sono capitati.




(opera di Giovanni Giacometti)

domenica 11 luglio 2021

La strategia più efficace.


Anni fa, durante un viaggio di quasi quattro ore a bordo di uno dei pochi treni con ancora gli scompartimenti, la signora seduta davanti a me, dopo avere assistito ad una mia telefonata e scusandosi per aver ascoltato, mi chiese se aveva capito bene il mio lavoro di counselor.
Iniziò così uno dei tanti incontri in cui ti accorgi di quanto a noi tutti manchi la possibilità di essere ascoltati.
Lei, 47 anni ed un marito, coetaneo, che otto mesi prima le aveva confessato di avere una relazione con una ventiseienne. Colpo durissimo, a cui lei sta rispondendo con un totale cambiamento di look. Dopo le lacrime, le recriminazioni ed un forte dimagrimento, ha seguito i consigli di un’amica: taglio e tinta dei capelli, trucco notevole ed abbigliamento da ventenne. Questo è stato il suo modo di entrare in competizione con l’altra, per riconquistare l’uomo che ama. Ma Lui le ha da poco  detto che è ridicola…
 
Non ho scritto di questo incontro per parlare di ciò che ci dicemmo e degli sviluppi ma per evidenziare un comportamento molto diffuso e poco fruttuoso. Spesso investiamo grande parte delle energie proprio dove ci sentiamo più deboli e trascuriamo invece i nostri punti di forza.
 
Se l'obiettivo di questa signora era riconquistare il marito, aveva, come punti di forza, gli anni di amore, la complicità che la coetaneità ed il vissuto sviluppano, gli interessi comuni che ancora avevano e molti altri, tra cui la fortuna di essere una bella donna. Ma una bella donna ultraquarantenne, non una aspirante simil-ventenne. Ovviamente non si tratta di giudicare ma, una volta stabilito il fine, di mettere in atto la strategia più efficace!


sabato 9 gennaio 2021

Qualche idea...




Qualche consiglio per migliorare il personale rapporto con il cibo


Allearsi. Trovarsi un bravo  terapeuta, con cui fare insieme il percorso, è molto utile perché sentirsi capiti e sostenuti è fondamentale.
Attivare le proprie risorse. Quelle cognitive sono, per esempio, la conoscenza dei fondamentali dell’alimentazione ed una corretta percezione della propria immagine corporea. Quelle emotive si attivano quando si sperimenta che possiamo farcela: questo è un ottimo modo di aumentare l'autostima.
E' fondamentale scegliere il proprio cibo con affetto, il cibo che piace soddisfa molto di più di quello mangiato “perché si deve”.
Molto importanti sono le compensazioni affettive. Invece di punirsi, per esempio, se si è fatto un passo falso, stornare dal cibo il bisogno di gratificazione e concedersi qualcosa che piaccia: un massaggio, un cinema, un bel libro, della musica. Queste sono utili forme di compensazione.


E’ bene ricordarci che il cervello va in automatico a quello che siamo abituati a fare e non prende ingiunzioni in negativo, quindi per sostituire le abitudini non idonee occorre cominciare ad avere  comportamenti diversi dai precedenti. Se io sono solito aprire il frigorifero quando mi sento triste o frustrato, posso abituarmi, giorno dopo giorno, a fare una cosa che mi piace senza provocarmi i sensi di colpa dell’abbuffata. Se inizialmente riesco a cambiare il processo solo ogni tanto, mi rendo comunque conto che sono in grado di farlo e posso adoperarmi ad "incrementare le vittorie”.
Quello che dico sempre, ai miei clienti, è che “non si nasce sapendo vivere”. Si impara un po’ per volta, a partire dagli errori fatti.
Buon lavoro!

(il dipinto è di Aleksandr Deyneka)






domenica 20 settembre 2020

Edoardo

Edoardo è un ragazzino intelligente e studioso, molto educato di modi e nel parlare. Da settimane insisteva di voler decolorare i capelli portandoli sul biondo e questo per i suoi genitori era incomprensibile ed inaccettabile: lui con la pelle ambrata , i capelli nerissimi , i tratti tipici del Sudamerica…


A sua mamma io sono molto affezionata perché è stata la mia prima amica, quando, undici anni fa, cominciai a vivere a Milano. A quel tempo lei e suo marito erano ancora sotto lo sguardo degli assistenti sociali, avendo adottato Edo da poco. I rapporti in famiglia sono stati molto sereni fino a qualche tempo fa; nel corso del primo anno delle superiori però il figlio ha cominciato ad avere una cura "esagerata" del proprio aspetto, a pretendere abiti firmati, a studiare i movimenti… atteggiamenti che lasciavano perplessi la mia amica e suo marito. L'idea di tingere i capelli è stata la classica goccia di troppo…
Mi sono incontrata con Edo, per cui ho sempre avuto grande simpatia. Edo era consapevole che il suo disagio gli derivava dal timore di (parole sue) "essere scambiato per un immigrato, magari clandestino". Per questo la grande cura dell'abbigliamento e probabilmente da questo il mito del "tipo nordico". Più difficile invece dirsi e dirmi quanto lo disturbava che i suoi tratti evidenziassero il suo stato di figlio adottivo. Ancora più temuta la possibilità che si accorgessero di questo disagio i suoi (molto amati) genitori.

Con Edoardo il lavoro fatto è stato sulla consapevolezza di ciò che sentiva desiderava temeva e quanto questo avesse influenza sul non accettare il proprio aspetto.

“Mentre perseguiamo l'irraggiungibile, rendiamo impossibile l'attuabile" (Robert Ardrey)
Edoardo non potrebbe mai assomigliare ad un tipo nordico (pelle chiara, capelli lisci e biondi, magari occhi azzurri), spreca le sue potenzialità, tentandolo. Inoltre, molto probabilmente, quel gruppetto di bulli che lo hanno soprannominato ironicamente "Brad Pitt" gli invidia l'ottimo rendimento scolastico e magari  la bella mamma bionda e la serenità familiare che certi "figli naturali" non trovano nelle loro famiglie… Il cambiamento di Edoardo è partito da questo diverso sguardo della realtà.  Insieme siamo riusciti  a trovare un look capace di valorizzare i suoi tratti così particolari  e lui in pochissimo tempo ha imparato a gestire diversamente le situazioni che lo mettevano in difficoltà. 

Con sua mamma il lavoro è stato di abbassare la tensione provocata dalle "stranezze" del figlio, che andavano ridimensionate perché  all'interno di quel particolare periodo che è l'adolescenza, in cui si può parlare di "normalmente patologico", proprio per le difficoltà del passaggio dall'infanzia all'età adulta.

Per inciso, da quando Edoardo ha cominciato a rispondere all'appellativo "Ehi, Brad Pitt..." con: "Benicio Del Toro, grazie!"  nessuno lo chiama più così.

L'adolescenza è sempre un periodo di insicurezze, anche legate all'immagine esteriore.


domenica 13 settembre 2020

Marta

Pablo Picasso  "Donna che piange"

Marta ha agito per anni con modalità autolesionistica. Convinta di essere talmente brutta da non avere possibilità di miglioramento, non curava il proprio aspetto e molto spesso, quando viveva ancora con i genitori (prima di venire in Toscana per lavoro) si vestiva con gli abiti smessi della sorella maggiore. In famiglia non avevano problemi economici, i parenti consideravano Marta "buona e modesta" e questo la "gratificava".
Con lei siamo partiti proprio dal miglioramento (pratico) della sua immagine, di cui Marta escludeva la possibilità.
E' stato quando, lontana dalla città di origine già da qualche tempo ed un po' sola, ha avuto "voglia di osare" ed ha lasciato che le cambiassi la forma delle sopracciglia. Detto così si può pensare: beh, è un cambiamento da niente! Eh, no, dovevate sentirla quando, a lavoro ultimato, si è vista nello specchio "Oddio, non mi riconosco, come faccio ad uscire così per strada?", praticamente disperata. Ahi, mi sono detta, forse è stata una forzatura, accidenti! L'ho rassicurata che le sopracciglia sarebbero ricresciute, che altro potevo fare? Poi, nei giorni successivi, a scuola, sono arrivati gli elogi delle sue alunne e Marta ha cominciato ad accettare il nuovo, mi ha telefonato scusandosi, è tornata e, poco a poco, ha imparato a truccare gli occhi, ha provato un nuovo taglio di capelli…e poi è stata pronta per affrontare con se stessa ciò che la rendeva tanto insicura.
Abbiamo parlato delle sue bellissime sorelle, una maggiore ed una minore, e dell'ammirazione che suscitavano negli altri fin da piccole; del giorno in cui, dodicenne, aveva sentito la mamma affermare di avere "due figlie belle ed una molto intelligente"…"Avrei voluto fare la chef, mi sono costretta a studiare e laurearmi con il massimo dei voti per dimostrare che almeno intelligente lo ero davvero".
Marta sta lavorando tuttora all'elaborazione del suo disagio (i timori, le aspettative etc.) ma il punto di svolta rispetto al passato c'è stato ed è partito proprio dalla pratica di un cambiamento, in questo caso un piccolo miglioramento di aspetto, che lei si impediva di cercare per paura della delusione di non riuscire.
La mente di una persona è un sistema aperto ed in un sistema aperto una piccola variazione può generarne grandi.

domenica 23 agosto 2020

Quando la pratica della bellezza è "rivoluzionaria"


Non avevo mai pensato all’attenzione alla bellezza come forma di resistenza prima di conoscere Zadi, una signora algerina che da anni vive e lavora in Francia. Parlare con lei mi ha fatto riflettere sulla grande differenza tra la cura della bellezza delle donne islamiche ed il culto della bellezza a cui siamo abituati noi europei.
In paesi in cui si rischia il taglio delle dita (se laccate) o le frustate in pubblico  se si indossano abiti dai colori vivaci o che scoprono le caviglie, comunque dove/quando la tendenza è alla mortificazione ed all’annullamento del corpo femminile, la pratica della bellezza diventa una forma di resistenza attiva. Tra le donne afgane ancora molte, di nascosto e rischiando come minimo lo “shaloch” (frusta di gomma adoperata per percuotere gambe e dorso di chi trasgredisce), si pettinano con cura, si depilano, osano persino smalto e rossetto, vietati anche sotto il burqa.  In luoghi dilaniati da guerre ed attentati i piccoli gesti quotidiani di pratiche di bellezza aiutano a sopravvivere e sono un messaggio di ricerca di “normalità”.
Zadi mi ha raccontato di quanto nel suo paese l’attenzione alla bellezza ed alla sua cura facciano parte di una sapienza antica, in cui non si tratta di misurarsi ed adeguarsi a canoni imposti dalla moda del momento ma di praticare, attraverso rituali e quotidiani gesti, una cura del corpo che è miglioramento e valorizzazione della propria unicità e consapevolezza dell’essere donna. Va da solo che questo è “rivoluzionario” in ambiti in cui il tentativo del potere è di cancellare la bellezza delle donne e del mondo.
“Mia mamma, racconta Zadi, ha quasi ottant’anni ed ancora si trucca e questo a mia figlia, che è nata e vissuta in Francia, pare buffo e quasi ridicolo. E’ invece una forma di rispetto di sé che mai  è stata vanità e tantomeno mezzo di seduzione”.
La conoscenza dei metodi per praticare la bellezza si trova, nel mondo femminile islamico, pressoché in ogni ceto sociale e si tramanda di generazione in generazione. Sono ricette di acque profumate ai fiori, di hennè, argille e sapone nero, di cere depilatorie o insegnamento di uso del “filo”. Pratiche di bellezza sono la cura dei capelli, la depilazione del corpo, il disegno delle sopracciglia, il trucco degli occhi… fino alle perline ed i pizzi che incorniciano i foulards.  
Considerare la bellezza  in una dimensione etica invece che estetica fa una grande differenza: significa considerare la bellezza un valore per sé e non per gli altri e un atto di rispetto nei confronti delle altre donne.