domenica 20 settembre 2020

Edoardo

Edoardo è un ragazzino intelligente e studioso, molto educato di modi e nel parlare. Da settimane insisteva di voler decolorare i capelli portandoli sul biondo e questo per i suoi genitori era incomprensibile ed inaccettabile: lui con la pelle ambrata , i capelli nerissimi , i tratti tipici del Sudamerica…


A sua mamma io sono molto affezionata perché è stata la mia prima amica, quando, undici anni fa, cominciai a vivere a Milano. A quel tempo lei e suo marito erano ancora sotto lo sguardo degli assistenti sociali, avendo adottato Edo da poco. I rapporti in famiglia sono stati molto sereni fino a qualche tempo fa; nel corso del primo anno delle superiori però il figlio ha cominciato ad avere una cura "esagerata" del proprio aspetto, a pretendere abiti firmati, a studiare i movimenti… atteggiamenti che lasciavano perplessi la mia amica e suo marito. L'idea di tingere i capelli è stata la classica goccia di troppo…
Mi sono incontrata con Edo, per cui ho sempre avuto grande simpatia. Edo era consapevole che il suo disagio gli derivava dal timore di (parole sue) "essere scambiato per un immigrato, magari clandestino". Per questo la grande cura dell'abbigliamento e probabilmente da questo il mito del "tipo nordico". Più difficile invece dirsi e dirmi quanto lo disturbava che i suoi tratti evidenziassero il suo stato di figlio adottivo. Ancora più temuta la possibilità che si accorgessero di questo disagio i suoi (molto amati) genitori.

Con Edoardo il lavoro fatto è stato sulla consapevolezza di ciò che sentiva desiderava temeva e quanto questo avesse influenza sul non accettare il proprio aspetto.

“Mentre perseguiamo l'irraggiungibile, rendiamo impossibile l'attuabile" (Robert Ardrey)
Edoardo non potrebbe mai assomigliare ad un tipo nordico (pelle chiara, capelli lisci e biondi, magari occhi azzurri), spreca le sue potenzialità, tentandolo. Inoltre, molto probabilmente, quel gruppetto di bulli che lo hanno soprannominato ironicamente "Brad Pitt" gli invidia l'ottimo rendimento scolastico e magari  la bella mamma bionda e la serenità familiare che certi "figli naturali" non trovano nelle loro famiglie… Il cambiamento di Edoardo è partito da questo diverso sguardo della realtà.  Insieme siamo riusciti  a trovare un look capace di valorizzare i suoi tratti così particolari  e lui in pochissimo tempo ha imparato a gestire diversamente le situazioni che lo mettevano in difficoltà. 

Con sua mamma il lavoro è stato di abbassare la tensione provocata dalle "stranezze" del figlio, che andavano ridimensionate perché  all'interno di quel particolare periodo che è l'adolescenza, in cui si può parlare di "normalmente patologico", proprio per le difficoltà del passaggio dall'infanzia all'età adulta.

Per inciso, da quando Edoardo ha cominciato a rispondere all'appellativo "Ehi, Brad Pitt..." con: "Benicio Del Toro, grazie!"  nessuno lo chiama più così.

L'adolescenza è sempre un periodo di insicurezze, anche legate all'immagine esteriore.


domenica 13 settembre 2020

Marta

Pablo Picasso  "Donna che piange"

Marta ha agito per anni con modalità autolesionistica. Convinta di essere talmente brutta da non avere possibilità di miglioramento, non curava il proprio aspetto e molto spesso, quando viveva ancora con i genitori (prima di venire in Toscana per lavoro) si vestiva con gli abiti smessi della sorella maggiore. In famiglia non avevano problemi economici, i parenti consideravano Marta "buona e modesta" e questo la "gratificava".
Con lei siamo partiti proprio dal miglioramento (pratico) della sua immagine, di cui Marta escludeva la possibilità.
E' stato quando, lontana dalla città di origine già da qualche tempo ed un po' sola, ha avuto "voglia di osare" ed ha lasciato che le cambiassi la forma delle sopracciglia. Detto così si può pensare: beh, è un cambiamento da niente! Eh, no, dovevate sentirla quando, a lavoro ultimato, si è vista nello specchio "Oddio, non mi riconosco, come faccio ad uscire così per strada?", praticamente disperata. Ahi, mi sono detta, forse è stata una forzatura, accidenti! L'ho rassicurata che le sopracciglia sarebbero ricresciute, che altro potevo fare? Poi, nei giorni successivi, a scuola, sono arrivati gli elogi delle sue alunne e Marta ha cominciato ad accettare il nuovo, mi ha telefonato scusandosi, è tornata e, poco a poco, ha imparato a truccare gli occhi, ha provato un nuovo taglio di capelli…e poi è stata pronta per affrontare con se stessa ciò che la rendeva tanto insicura.
Abbiamo parlato delle sue bellissime sorelle, una maggiore ed una minore, e dell'ammirazione che suscitavano negli altri fin da piccole; del giorno in cui, dodicenne, aveva sentito la mamma affermare di avere "due figlie belle ed una molto intelligente"…"Avrei voluto fare la chef, mi sono costretta a studiare e laurearmi con il massimo dei voti per dimostrare che almeno intelligente lo ero davvero".
Marta sta lavorando tuttora all'elaborazione del suo disagio (i timori, le aspettative etc.) ma il punto di svolta rispetto al passato c'è stato ed è partito proprio dalla pratica di un cambiamento, in questo caso un piccolo miglioramento di aspetto, che lei si impediva di cercare per paura della delusione di non riuscire.
La mente di una persona è un sistema aperto ed in un sistema aperto una piccola variazione può generarne grandi.

domenica 23 agosto 2020

Quando la pratica della bellezza è "rivoluzionaria"


Non avevo mai pensato all’attenzione alla bellezza come forma di resistenza prima di conoscere Zadi, una signora algerina che da anni vive e lavora in Francia. Parlare con lei mi ha fatto riflettere sulla grande differenza tra la cura della bellezza delle donne islamiche ed il culto della bellezza a cui siamo abituati noi europei.
In paesi in cui si rischia il taglio delle dita (se laccate) o le frustate in pubblico  se si indossano abiti dai colori vivaci o che scoprono le caviglie, comunque dove/quando la tendenza è alla mortificazione ed all’annullamento del corpo femminile, la pratica della bellezza diventa una forma di resistenza attiva. Tra le donne afgane ancora molte, di nascosto e rischiando come minimo lo “shaloch” (frusta di gomma adoperata per percuotere gambe e dorso di chi trasgredisce), si pettinano con cura, si depilano, osano persino smalto e rossetto, vietati anche sotto il burqa.  In luoghi dilaniati da guerre ed attentati i piccoli gesti quotidiani di pratiche di bellezza aiutano a sopravvivere e sono un messaggio di ricerca di “normalità”.
Zadi mi ha raccontato di quanto nel suo paese l’attenzione alla bellezza ed alla sua cura facciano parte di una sapienza antica, in cui non si tratta di misurarsi ed adeguarsi a canoni imposti dalla moda del momento ma di praticare, attraverso rituali e quotidiani gesti, una cura del corpo che è miglioramento e valorizzazione della propria unicità e consapevolezza dell’essere donna. Va da solo che questo è “rivoluzionario” in ambiti in cui il tentativo del potere è di cancellare la bellezza delle donne e del mondo.
“Mia mamma, racconta Zadi, ha quasi ottant’anni ed ancora si trucca e questo a mia figlia, che è nata e vissuta in Francia, pare buffo e quasi ridicolo. E’ invece una forma di rispetto di sé che mai  è stata vanità e tantomeno mezzo di seduzione”.
La conoscenza dei metodi per praticare la bellezza si trova, nel mondo femminile islamico, pressoché in ogni ceto sociale e si tramanda di generazione in generazione. Sono ricette di acque profumate ai fiori, di hennè, argille e sapone nero, di cere depilatorie o insegnamento di uso del “filo”. Pratiche di bellezza sono la cura dei capelli, la depilazione del corpo, il disegno delle sopracciglia, il trucco degli occhi… fino alle perline ed i pizzi che incorniciano i foulards.  
Considerare la bellezza  in una dimensione etica invece che estetica fa una grande differenza: significa considerare la bellezza un valore per sé e non per gli altri e un atto di rispetto nei confronti delle altre donne.

venerdì 31 luglio 2020

Un estivo paradosso



In un grande magazzino assisto a  una scenetta interessante "Guarda , Amore, che bello questo costumino fuxia" dice la mamma mostrando alla sua figlioletta di circa dieci anni un due pezzi piuttosto ridotto e appariscente.
La ragazzina, braccia conserte e  imbronciata, risponde:
"Mi fa schifo!"
opera di Ludwig Kirchner
"Con il tuo corpicino  saresti una delizia..." Riprova la madre con pazienza.
"A me piace quello là" La madre scoppia a  ridere scandalizzata:
"Un costume intero? Tesoro mio, non essere sciocca. Fa caldo, è  estate..."
La figlia scuote la testa categorica:
"Io quello là non lo voglio!Voglio questo azzurro..."
"Ma perché?"
Chiede sgomenta la madre di fronte all'irragionevolezza della figlia:
"Con quello là mi guarderebbero tutti..."
"E  che male c'è? Sei bellissima ..."
"Ma mi scopre tutto il sedere!!!"
Quasi urla la ragazzina, convinta che questa affermazione convincerà la madre:
"Amor mio, sei una femmina: non devi aver paura di mostrarti."
"E allora voglio essere un maschio!!!"
La linearità del pensiero prepubere si scontra inesorabilmente con la costante educazione all'apparire, che obbliga bambine di tre anni a indossare bikini due pezzi e  ragazzine poco più grandi ad andare in giro con brasiliane  ridottissime.
Eppure queste piccoline sono figlie di madri schiave dei chili di troppo, che hanno perso il gusto per il mangiare e , spesso anche per il sesso, tanto sono stroncate dalla fatica di essere perfette mogli, madri, lavoratrici  e, soprattutto, femmine!
E' così che, pur cambiate  le richieste sociali alle donne adulte, verso le bambine la società non ha modificato l'educazione all'apparenza, se non esasperandola .Le femmine in formato ridotto vengono gratificate con complimenti relativi, in modo esclusivo, al corpo e  al vestiario.
Se una bambina viene definita "simpatica" o  "con personalità" significa che è  colpevolmente brutta, grassottella, occhialuta e, dunque, poco ammirabile.
Perché la personalità, il carisma, la simpatia, non sono, ancora oggi, qualità da apprezzare in una ragazza.Al bambino viene richiesto di essere "un ometto", ovvero coraggioso, responsabile, determinato  ecc.
La bambina deve essere bella.  È  ancora l'unica cosa che conta.
E  non ha importanza che le bambine abbiano rendimenti scolastici  più soddisfacenti e  interessi extrascolastici molteplici.
Il plauso lo ricevono se sono magre, hanno dei bei capelli, un bel visino e un fare seduttivo.
E  se non ce l'hanno, i  genitori correranno ai ripari con belle diete drastiche e  interventi al seno, donati come regalo per i  diciotto anni!


Daniela Troiani

giovedì 23 luglio 2020

L’incidenza dell’aspetto esteriore nei rapporti sociali




L’aspetto fisico ha un ruolo di grande importanza nella vita affettiva e sessuale. Già nelle favole, scritte per i bambini, le principesse sono belle e affascinanti e sposano aitanti principi azzurri mentre i personaggi malvagi sono pure brutti.
A domanda diretta il 60% degli intervistati nega che l'aspetto fisico sia criterio importante nella scelta del partner, percentuale che si dimezza con quesiti analoghi ma "mascherati": diversi studi hanno dimostrato come a livello consapevole sia difficile accettare l’importanza rivestita dalle apparenze. Si è cercato di indagare se questa sottostima sia attribuibile a scarsa capacità degli individui di fare introspezione oppure alla volontà deliberata di falsare le risposte per dare un’immagine meno superficiale possibile di sé.
(opera di Leonid Afremov)
Nel campo delle relazioni amorose l’attrazione fisica costituisce, in un primo momento, un fattore importante e talvolta determinante per decidere se continuare o no la relazione. In una ricerca effettuata in diverse università statunitensi si è rilevato come i due partner di una coppia tendessero a situarsi allo stesso livello di bellezza: nelle relazioni che si desiderano durature si sceglie cioè un compagno che abbia un grado di bellezza “simile” al proprio (questo non avviene nei rapporti occasionali o comunque di breve durata). In effetti, se la bellezza di uno dei partner è molto superiore a quella dell’altro, aumenta la paura dell' infedeltà: chi si percepisce come meno attraente è più portato a temere che ci siano rischi per la relazione. Le eccezioni a questa ricerca di “similarità” le troviamo quando ci sono di mezzo interessi di potere, denaro o prestigio.  Una bella moglie, magari più giovane, è stata nei secoli identificata sia come simbolo di potere che come maggiore probabilità di garantirsi una continuità attraverso prole sana (questo non valeva per le donne, la cui priorità era di avere un uomo che fosse in grado di sostentarle nella gravidanza e nel crescere i figli). Una partner bella per un uomo di successo è ancora oggi una sorta di biglietto da visita.
Per quanto riguarda l’ambito lavorativo, già in una ricerca del 1993 Holzer  evidenziava come per il 50% degli impiegati intervistati l’apparenza fisica fosse un criterio molto (11%) o piuttosto importante (39%) per ottenere il posto di lavoro. Le aziende sono sempre più attente alla loro immagine e questa preoccupazione trova espressione anche nell’attenzione all’aspetto ed agli abiti dei dipendenti a contatto con il pubblico. Inoltre vi è la credenza che la bellezza fisica svolga un ruolo di base nella possibilità di sviluppare buone relazioni sociali, perché  correlata da maggiore abilità comunicativa e personalità più estroversa. In ogni caso, tutti gli studi disponibili confermano che in moltissimi settori la bellezza aumenta le possibilità di carriera.
Il vantaggio prodotto dalla bellezza inizia molto precocemente. Neonati giudicati più attraenti ricevono maggiori attenzioni dai familiari e maggiore quantità di gesti affettuosi dagli altri. I bambini giudicati attraenti dai compagni quasi sempre intrattengono maggiori rapporti sociali e sono più popolari rispetto a quelli non attraenti. Tutto ciò a vantaggio della loro autostima e dello sviluppo di abilità sociali. La benevolenza degli insegnanti li accompagna, inoltre, fin dalle scuole materne e si manifesta concretamente in maggiori sorrisi, sguardi, parole, incoraggiamento e sostegno. In una ricerca realizzata nel 1972 da Dion si chiedeva ad un folto gruppo di adulti di valutare la gravità della cattiva azione commessa da bambini di 7 anni e stabilire la sanzione dovuta per il danno causato. I dossier dei bambini erano accompagnati dalle foto dei colpevoli ed i risultati dimostrarono chiaramente quanto i “giudici” fossero decisamente tolleranti, a parità di misfatto, nei confronti dei bambini attraenti. Si tende infatti a considerare occasionali, determinate dalle circostanze, le azioni sbagliate dei bambini attraenti; per gli altri invece queste sono imputate alla loro volontà e responsabilità, un pregiudizio estremamente dannoso per il loro futuro, predittivo di tante problematiche.

Persino in campo di giustizia l’aspetto fisico riveste una certa importanza. Nel medioevo, quando due imputati erano accusati dello stesso crimine, era prassi condannare quello dall’aspetto fisico peggiore. Per fortuna questo non avviene più ma, per esempio, tuttora si tende a dare più credito a testimoni di piacevole aspetto. E, nei reati a sfondo sessuale, gli imputati dal fisico poco avvenente sono accusati con maggior facilità e considerati più pericolosi di quelli attraenti.

Gli ebrei di Hieronymus Bosch nel 1930
La denigrazione dei tratti fisici dell’altro è da sempre uno dei modi per screditarlo. Si può ricordare come il nazismo "dipingeva" l'ebreo o certo disprezzo per i tratti dei "negri" o come erano raffigurati negli anni '50 nel nord Italia i "terroni" (bassi, grassi e malvestiti). Per non parlare di recenti illazioni di politici su donne di potere non bellissime…

Da considerare inoltre che, anche senza ricorrere a teorie lombrosiane, ancora oggi un semplice povero “malmesso” può essere più facilmente percepito come un ladro. Con il tempo potrà magari davvero comportarsi come gli altri si aspettano, vittima delle profezie che si autoavverano.

Canoni estetici di bellezza


Gli studi scientifici sul grado di importanza dell’aspetto fisico nelle relazioni interpersonali hanno trovato un grande impulso a partire dal 1960. L’impatto che la bellezza fisica ha sulle nostre vite è notevole, vi è un’ influenza non solo per quanto riguarda gli aspetti relazionali ma anche in molti altri ambiti: le persone attraenti vengono valutate anche più abili e competenti nel lavoro o nell’apprendimento scolastico, dotate di maggior capacità di comando e d’influenza sociale e persino meno responsabili in caso di reato. Spesso bello corrisponde a buono.
Fin dall’antichità si è cercato di individuare i criteri che possono definire la bellezza. Ma fu soprattutto la cultura greca a porre l’accento sui canoni intesi come rapporti geometrici tra i vari attributi fisionomici. Fu definito un canone di bellezza derivato dall’utilizzo della cosiddetta “sezione aurea”. Dal greco Policleto al nostro Leonardo da Vinci continua la tradizione di studiare e valorizzare il corpo umano sulla base di una serie di proporzioni geometriche definite.

"Andromeda" di Tamara De Lempicka

L’attuale ipotesi esplicativa interessante in merito ai canoni per stabilire la bellezza è di derivazione darwiniana e fa riferimento alla media dei lineamenti di tutti i visi: la selezione naturale, che opera secondo direttrici normalizzanti e stabilizzanti, tenderebbe a favorire i caratteri che sono vicini alla media. Così individui con caratteristiche di questo tipo tenderebbero con più probabilità a risultare esenti da mutazioni genetiche dannose e quindi verrebbero preferiti. Quindi, se i valori medi vengono preferiti agli estremi, i visi che rappresentano la media di tutti i visi sarebbero preferiti perché più normali degli altri. In effetti, nei vari test, i volti costruiti al computer e costituiti dalla media dei lineamenti di un gran numero di volti maschili e femminili di etnie diverse (una sorta di prototipi) sono stati giudicati, da tutte le persone al cui giudizio erano stati sottoposti, più attraenti dei singoli visi adoperati.
Anche nei bambini molto piccoli vi è unanimità di valutazione, che nel loro caso si esprime con più attenzione e maggior tempo dedicato a guardare l’immagine più attraente. Gli psicologi dello sviluppo preferiscono spiegare l’attrazione del neonato per i visi belli ricorrendo al concetto di “archetipo” ovvero ipotizzando uno schema percettivo specie-specifico innato della struttura del volto. A questo schema i volti osservati verrebbero istintivamente riferiti per essere comparati.
A far scattare il meccanismo di attrazione di un viso è molto probabilmente la relazione proporzionale che sussiste tra le varie parti che lo costituiscono. Questo rapporto di proporzione perfetta (la sezione aurea di cui sopra) è uno di quei pattern matematici che l’occhio umano trova piacevoli per una sorta di predisposizione innata a percepirli come armonici. Sostanzialmente quegli organismi biologici le cui singole parti presentano tra loro rapporti riconducibili alla sezione aurea sono percepiti come belli perché vengono visti come privi di anomalie. Quindi funzionali alla continuazione della specie.
Analoga valutazione di tipo antropologico si avrebbe per la definizione, nei secoli della bellezza per i corpi sia maschile che femminile.
Per quanto riguarda il corpo femminile è da tener presente che le calorie necessarie per la riproduzione sono tra 50.000 e 80.000 e che da 500 a 1.000 al giorno servono per l’allattamento completo. Su questa base la selezione naturale ha operato in maniera tale che nelle donne sessualmente mature più o meno ¼ del peso (ca. 16 chili che corrispondono a 144.000 calorie) sia costituito da grasso depositato su seno e fianchi (le notissime misure 90-60-90 corrispondono grosso modo a questa condizione). Pressioni selettive quindi fanno sì che il cervello degli uomini sia programmato in modo tale da individuare e prediligere i segnali che nella donna garantiscono un buon equilibrio ormonale e quindi fertilità e progenie forte. Praticamente, nei secoli, il cervello dell’uomo è stato indirizzato, in linea di massima ed inconsapevolmente, a trovare attraenti proprio le caratteristiche che denotano una buona fattrice.
Per il maschio umano le caratteristiche che, al di là del tempo e della cultura, sono considerate più attraenti sono pelle e capelli sani, sedere sodo, vita non troppo sottile rispetto ai fianchi, gambe proporzionate, spalle larghe. Questi tratti sono sufficientemente indicativi di dominanza, salute, forza, fertilità e competitività genetica, qualità che le donne vorrebbero trasmettere ai propri figli.
La selezione sessuale, che è quella che viene operata dalle femmine quando scelgono il partner, può però andare nella direzione opposta di quella naturale che prevede vantaggi per la specie. Un esempio chiaro riguarda l’altezza. I primi ominidi avevano un’altezza di gran lunga inferiore rispetto a quella media attuale della nostra specie, dal punto di vista della sopravvivenza biologica i corpi bassi sono avvantaggiati: sono più agili nei movimenti, hanno bisogno di un minore apporto metabolico ed il cuore pompa meno sangue. Malgrado questo, se la nostra storia evolutiva è segnata da un progressivo aumento dell’altezza, questo è in parte attribuibile al fatto che le donne tendono a percepire come più attraenti i maschi più alti della media della popolazione. Anche la glabrità, nella nostra specie, unica tra i primati, è frutto della selezione sessuale: le donne preferiscono maschi poco pelosi e vedono se stesse più attraenti senza peli. Questa tendenza viene “supernormalizzata” nel gesto quotidiano dei maschi di radersi la barba e nella depilazione delle femmine (ma negli ultimi anni, nei paesi occidentali, anche i maschi più giovani si depilano) al fine di avere il corpo più liscio possibile.
Occhi e labbra grandi sono preferiti.
       Ho accennato,  più sopra, allo "stimolo supernormale". Mi riferisco ad una teoria recente che in qualche modo supera quella del tratto medio e della prototipicità. Se è vero infatti che il prototipo, per esempio, del volto medio è giudicato attraente, non è però il più attraente: forme che esulano dall’ordinario possono attirare l’attenzione più di forme che rientrano nella media. Occhi e labbra più grandi, per esempio, sono considerati più attraenti. Anche quanto riguarda il colore preferito della pupilla (il blù ed il verde sono preferiti benchè più rari) e dei capelli (laddove i castani sono più diffusi, non raccolgono preferenze) dimostra che non sono comunque gli individui ordinari o prototipici quelli che attraggono di più.

lunedì 30 marzo 2020

Un altro punto di vista...


“Mi faccio rabbia perché da anni metto su chili. Non mi strafogo di cibo, semplicemente ogni giorno sono in ansia fino a quando non mi concedo la mia dose di droga alimentare, che è sempre un alimento proibito (una tavoletta intera di cioccolato, tre paste ripiene,una confezione di patatine……….). Dopo che l'ho fatto l’ansia allo bocca dello stomaco passa ma mi arrabbio e mi faccio schifo. Perché mi voglio così male?
Con qualche variante, questo è quanto mi sento dire spesso da chi è a disagio con la propria immagine esteriore e si colpevolizza di non riuscire ad uscirne. A pochi giorni fa risale l’ultima volta.
Far notare a queste persone che magari la parte di loro che mette in atto questo comportamento le “protegge” suona sempre come una rivelazione: è molto meno grave prendere un chilo che rompere un piatto sulla testa di un figlio, prendere a schiaffi il collega di lavoro, sbattere fuori casa il partner etc.
Questo è spesso l’inizio della consapevolezza dei propri meccanismi mentali e di un percorso di cambiamento. Anche perché con la parte che ci sta proteggendo si può “venire a patti”.