giovedì 23 luglio 2020

Canoni estetici di bellezza


Gli studi scientifici sul grado di importanza dell’aspetto fisico nelle relazioni interpersonali hanno trovato un grande impulso a partire dal 1960. L’impatto che la bellezza fisica ha sulle nostre vite è notevole, vi è un’ influenza non solo per quanto riguarda gli aspetti relazionali ma anche in molti altri ambiti: le persone attraenti vengono valutate anche più abili e competenti nel lavoro o nell’apprendimento scolastico, dotate di maggior capacità di comando e d’influenza sociale e persino meno responsabili in caso di reato. Spesso bello corrisponde a buono.
Fin dall’antichità si è cercato di individuare i criteri che possono definire la bellezza. Ma fu soprattutto la cultura greca a porre l’accento sui canoni intesi come rapporti geometrici tra i vari attributi fisionomici. Fu definito un canone di bellezza derivato dall’utilizzo della cosiddetta “sezione aurea”. Dal greco Policleto al nostro Leonardo da Vinci continua la tradizione di studiare e valorizzare il corpo umano sulla base di una serie di proporzioni geometriche definite.

"Andromeda" di Tamara De Lempicka

L’attuale ipotesi esplicativa interessante in merito ai canoni per stabilire la bellezza è di derivazione darwiniana e fa riferimento alla media dei lineamenti di tutti i visi: la selezione naturale, che opera secondo direttrici normalizzanti e stabilizzanti, tenderebbe a favorire i caratteri che sono vicini alla media. Così individui con caratteristiche di questo tipo tenderebbero con più probabilità a risultare esenti da mutazioni genetiche dannose e quindi verrebbero preferiti. Quindi, se i valori medi vengono preferiti agli estremi, i visi che rappresentano la media di tutti i visi sarebbero preferiti perché più normali degli altri. In effetti, nei vari test, i volti costruiti al computer e costituiti dalla media dei lineamenti di un gran numero di volti maschili e femminili di etnie diverse (una sorta di prototipi) sono stati giudicati, da tutte le persone al cui giudizio erano stati sottoposti, più attraenti dei singoli visi adoperati.
Anche nei bambini molto piccoli vi è unanimità di valutazione, che nel loro caso si esprime con più attenzione e maggior tempo dedicato a guardare l’immagine più attraente. Gli psicologi dello sviluppo preferiscono spiegare l’attrazione del neonato per i visi belli ricorrendo al concetto di “archetipo” ovvero ipotizzando uno schema percettivo specie-specifico innato della struttura del volto. A questo schema i volti osservati verrebbero istintivamente riferiti per essere comparati.
A far scattare il meccanismo di attrazione di un viso è molto probabilmente la relazione proporzionale che sussiste tra le varie parti che lo costituiscono. Questo rapporto di proporzione perfetta (la sezione aurea di cui sopra) è uno di quei pattern matematici che l’occhio umano trova piacevoli per una sorta di predisposizione innata a percepirli come armonici. Sostanzialmente quegli organismi biologici le cui singole parti presentano tra loro rapporti riconducibili alla sezione aurea sono percepiti come belli perché vengono visti come privi di anomalie. Quindi funzionali alla continuazione della specie.
Analoga valutazione di tipo antropologico si avrebbe per la definizione, nei secoli della bellezza per i corpi sia maschile che femminile.
Per quanto riguarda il corpo femminile è da tener presente che le calorie necessarie per la riproduzione sono tra 50.000 e 80.000 e che da 500 a 1.000 al giorno servono per l’allattamento completo. Su questa base la selezione naturale ha operato in maniera tale che nelle donne sessualmente mature più o meno ¼ del peso (ca. 16 chili che corrispondono a 144.000 calorie) sia costituito da grasso depositato su seno e fianchi (le notissime misure 90-60-90 corrispondono grosso modo a questa condizione). Pressioni selettive quindi fanno sì che il cervello degli uomini sia programmato in modo tale da individuare e prediligere i segnali che nella donna garantiscono un buon equilibrio ormonale e quindi fertilità e progenie forte. Praticamente, nei secoli, il cervello dell’uomo è stato indirizzato, in linea di massima ed inconsapevolmente, a trovare attraenti proprio le caratteristiche che denotano una buona fattrice.
Per il maschio umano le caratteristiche che, al di là del tempo e della cultura, sono considerate più attraenti sono pelle e capelli sani, sedere sodo, vita non troppo sottile rispetto ai fianchi, gambe proporzionate, spalle larghe. Questi tratti sono sufficientemente indicativi di dominanza, salute, forza, fertilità e competitività genetica, qualità che le donne vorrebbero trasmettere ai propri figli.
La selezione sessuale, che è quella che viene operata dalle femmine quando scelgono il partner, può però andare nella direzione opposta di quella naturale che prevede vantaggi per la specie. Un esempio chiaro riguarda l’altezza. I primi ominidi avevano un’altezza di gran lunga inferiore rispetto a quella media attuale della nostra specie, dal punto di vista della sopravvivenza biologica i corpi bassi sono avvantaggiati: sono più agili nei movimenti, hanno bisogno di un minore apporto metabolico ed il cuore pompa meno sangue. Malgrado questo, se la nostra storia evolutiva è segnata da un progressivo aumento dell’altezza, questo è in parte attribuibile al fatto che le donne tendono a percepire come più attraenti i maschi più alti della media della popolazione. Anche la glabrità, nella nostra specie, unica tra i primati, è frutto della selezione sessuale: le donne preferiscono maschi poco pelosi e vedono se stesse più attraenti senza peli. Questa tendenza viene “supernormalizzata” nel gesto quotidiano dei maschi di radersi la barba e nella depilazione delle femmine (ma negli ultimi anni, nei paesi occidentali, anche i maschi più giovani si depilano) al fine di avere il corpo più liscio possibile.
Occhi e labbra grandi sono preferiti.
       Ho accennato,  più sopra, allo "stimolo supernormale". Mi riferisco ad una teoria recente che in qualche modo supera quella del tratto medio e della prototipicità. Se è vero infatti che il prototipo, per esempio, del volto medio è giudicato attraente, non è però il più attraente: forme che esulano dall’ordinario possono attirare l’attenzione più di forme che rientrano nella media. Occhi e labbra più grandi, per esempio, sono considerati più attraenti. Anche quanto riguarda il colore preferito della pupilla (il blù ed il verde sono preferiti benchè più rari) e dei capelli (laddove i castani sono più diffusi, non raccolgono preferenze) dimostra che non sono comunque gli individui ordinari o prototipici quelli che attraggono di più.

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